La storia della banca dal 1853 al 1950, nell’evoluzione dalle Opere Pie di San Paolo all’Istituto di San Paolo, è testimoniata dal ricco patrimonio documentario conservato nell’Archivio Storico della Compagnia di San Paolo, custodito e valorizzato dalla Fondazione 1563 di Torino. Oltre 22.000 unità archivistiche per un totale di 371 metri lineari di documentazione racchiudono la storia della banca torinese: statuti, verbali, fascicoli relativi al personale e alle sedi e un ricco repertorio di fotografie delle filiali a metà Novecento. In particolare, il superfondo II – Istituto di San Paolo di Torino e aggregati (1853-1950), si articola in due parti “Istituto di San Paolo di Torino” e “Archivi aggregati” (Banca Grasso, Confederazione fascista degli industriali, San Gaetano, Depositi e Sconti), importanti tasselli per lo studio della storia del sistema bancario italiano, grazie alla documentazione relativa ad acquisizioni e partecipazioni di altre banche.
L’ordinamento e l’inventariazione del complesso documentario dell’Archivio Storico della Compagnia di San Paolo relativo alla storia della banca sono stati effettuati a partire dalla primavera del 1998 da un gruppo di archivisti, coordinati da Anna Cantaluppi; più recentemente (2013-2015) è stata fatta una revisione dell’intero complesso archivistico completandolo con le introduzioni ai diversi livelli, con informazioni bibliografiche e le indicazioni delle consistenze documentarie. Contemporaneamente sono state inserite le riproduzioni integrali dei documenti, digitalizzati negli anni 2009-2013, relative alle serie degli statuti, dei verbali degli organi deliberanti, a cospicui nuclei di fotografie. L’attuale riordino riflette la complessa storia delle banche e l’evoluzione organizzativa del San Paolo. Il punto di riferimento dell’attuale riordino, anche per i fondi che proseguono nel periodo successivo, è costituito dal sistema di archiviazione adottato nella prima metà del Novecento.
La ricostruzione della storia della banca nei documenti dell’Archivio Storico
Se il superfondo “Antica Compagnia di San Paolo e aggregati – I versamento”, narra le vicende risalenti agli esordi dell’ente torinese, dalla sua fondazione nel 1563 fino al 1852, il superfondo “II – Istituto di San Paolo di Torino e aggregati (1853-1950)” ripercorre la storia della banca, delle attività creditizie e assistenziali del San Paolo dalla metà dell’Ottocento alla metà del Novecento. L’Archivio Storico della Compagnia di San Paolo custodisce migliaia di documenti risalenti a quel periodo, ma il superfondo include anche fondi e serie della seconda metà del Novecento fino al 1998 e qualche documento risalente fino al 1826. Sopravvissuta ai rivolgimenti di quasi tre secoli, la Compagnia di San Paolo attraversò in quegli anni una crisi profonda nel momento di passaggio del Piemonte dall’assolutismo alla monarchia costituzionale nel 1848, mentre l’Italia andava faticosamente costituendosi in Stato unitario e moderno. Con il diffondersi delle idee liberali maturò negli ambienti politici torinesi la convinzione della necessità di abolire le congregazioni religiose, incamerandone i beni.
Come si evince dai preziosi documenti sulla storia della banca conservati presso l’Archivio Storico della Compagnia di San Paolo, nel 1853 Vittorio Emanuele II limitava le funzioni della Compagnia all’esercizio delle pratiche religiose, e affidava il patrimonio e l’amministrazione delle Opere Pie di San Paolo di Torino (dal 1901 Istituto delle Opere Pie di San Paolo in Torino. Beneficenza e Credito) ad una Direzione di nomina governativa e municipale, con un presidente e un vicepresidente di nomina regia. Nel ventennio 1859-1879 l’attività creditizia si sviluppò ampiamente. Giovanni Giolitti, nel 1879 commissario regio delle Opere Pie di San Paolo, descrive il Monte di pietà a interessi come un vero e proprio istituto di credito, con regolare servizio di conti correnti. Prendono avvio nuovi settori di attività rilevanti per la storia della banca e, in parallelo allo sviluppo industriale piemontese, anche il San Paolo iniziò una fase di vivace espansione.
Il 1923 è un anno importante nella storia del sistema bancario italiano: il Monte di pietà riceve con la classificazione nella prima categoria il riconoscimento della prevalente attività bancaria, mentre l’Istituto si affaccia sulla scena nazionale con i prestiti agli enti pubblici e con la partecipazione ai nuovi organismi finanziari. Nel 1927 l’ente assume la denominazione “Istituto di San Paolo in Torino – Beneficenza e Credito”, che riflette il persistere della duplice vocazione dell’ente, e l’anno successivo formalizza nel Monte la separazione tra la sezione credito e la sezione pegno. Nel 1932 il Governo ne riconosceva la rilevanza nell’economia del Paese e le finalità di pubblico interesse conferendogli lo statuto di Istituto di credito di diritto pubblico. Nel 1950 il cambiamento della denominazione in Istituto Bancario San Paolo di Torino sanzionava il passaggio da banca prevalentemente raccoglitrice di risparmio a vera e propria banca commerciale.
Le attività assistenziali del San Paolo nella storia della banca
Dalla relazione di Giolitti del 1879 che l’Archivio Storico della Compagnia di San Paolo conserva emerge un altro aspetto di notevole importanza per la storia della banca: anche le attività assistenziali ed educative si erano rinnovate dopo la trasformazione istituzionale del 1853. La Casa del soccorso e l’Opera del deposito furono unificate in un’unica istituzione di carattere educativo che nel 1883 assunse il nome di Educatorio Duchessa Isabella. L’Ufficio pio nella seconda metà dell’Ottocento convertiva i lasciti per doti monacali in sussidi educativi, il Monte di pietà erogava una parte dei redditi in opere di beneficenza, sostenendo istituzioni quali l’Istituto del Buon Pastore, il Collegio degli artigianelli, l’Istituto dei sordomuti… Negli anni del decollo industriale di Torino, il San Paolo, interveniva direttamente nel campo dell’istruzione operaia e tecnica, dell’edilizia popolare, della tutela dei lavoratori. Un ruolo attivo, ebbe il San Paolo nella soluzione della cosiddetta “questione ospedaliera” torinese, legata alla carenza di ricettività delle strutture in rapporto all’aumento della popolazione e alla frequenza e gravità delle epidemie.