Social aims of finance
Congresso internazionale storico e archivistico. Torino, 14-15 giugno 2018
Nelle giornate del 14 e 15 giugno si è tenuto, presso il Collegio Carlo Alberto di Torino, l’annuale convegno internazionale dell’eabh – European Association for Banking and Financial History, ospitato e organizzato, insieme all’Associazione, dalla Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura con il sostegno della Compagnia di San Paolo.
L’organizzazione scientifica è stata affidata a Anna Cantaluppi (Fondazione 1563), Lilia Costabile (Università di Napoli), Carmen Hofmann (eabh) e Joost Jonker (Università di Amsterdam/Utrecht).
L’evento ha compreso un workshop archivistico e un convegno storiografico sul tema Social aims of finance: exploring alternative business forms for durable financial services. L’argomento, rilevante per la storia di molte banche e istituti assicurativi italiani, caratterizzati dall’intreccio tra credito e solidarietà e dalla funzione di interesse e utilità pubblica, è di grande attualità.
Centocinquanta tra archivisti, storici, economisti, esperti di finanza, provenienti da Europa, Stati Uniti, Canada e Africa, hanno partecipato alla conferenza, che ha registrato il maggior numero di partecipanti dalla nascita dell’associazione (1990), come ha sottolineato Hugo Bänziger, presidente dell’eabh, durante il suo discorso di benvenuto.
Prima giornata: Good archives
Durante la prima giornata si è svolto il workshop intitolato Good archives, rivolto agli archivisti, ai ricercatori e ai potenziali utenti delle istituzioni finanziarie, che ha riflettuto sull’eredità degli scopi sociali che ne hanno ispirato le origini e il ruolo svolto dalle banche e dalla finanza nella società.
L’incontro ha esplorato gli strumenti con i quali i documenti d’archivio possono essere utilizzati per far riemergere l’aspetto sociale e di beneficenza del patrimonio delle banche. Molte istituzioni finanziarie usano il passato per identificare il proprio DNA originale e svolgono ancora oggi un ruolo essenziale nelle economie locali, regionali e nazionali. La funzione importante dell’eabh di riunire archivisti e ricercatori storici sostiene la creazione di partnership che garantiscano che sia i fondi archivistici sia la ricerca storica possano essere utili a evidenziare le tematiche che annualmente vengono approfondite.
Ma in che modo gli archivi possono aiutarci a riflettere sull’eredità degli scopi sociali che hanno ispirato le origini di molte istituzioni finanziarie e sulla funzione delle banche e della finanza nella società? A questa e ad altre importanti domande hanno provato a rispondere i 14 relatori del workshop, raccontando la storia e l’esperienza degli archivi di importanti istituzioni finanziarie.
Alcune banche italiane, ad esempio, hanno avuto origine nei modelli cinquecenteschi dei Monti di Pietà (banchi di pegno) al fine di prevenire l’usura, e dei Luoghi pii (istituzioni caritatevoli per statuto). Queste associazioni di beneficenza hanno mantenuto il loro orientamento sociale e l’indipendenza fino agli anni Novanta del XX secolo.
Di questo hanno parlato – introdotti da Catherine Schenk (UPIER, St. Hilda’s College, University of Oxford), con il coordinamento di April Miller (World Bank Group Archives) – Anna Cantaluppi, direttore della Fondazione 1563, con un interessante case history sulla connessione tra solidarietà e credito nella storia plurisecolare della Compagnia di San Paolo, dal prevalere dell’attività sociale tra il Cinquecento e il Settecento, accompagnata dall’esperienza finanziaria della gestione dei lasciti e del Monte di pietà, alla trasformazione in istituto di credito con finalità di utilità sociale e pubblico interesse, fino alla privatizzazione del 1991 con la separazione netta tra banca e fondazione; Armando Antonelli (Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna) attraverso l’analisi dei processi decisionali del Monte di pietà di Bologna; Concetta Damiani e Claudia Grossi della Fondazione Banco di Napoli che attraverso il Cartastorie, museo dell’Archivio Storico del Banco di Napoli, hanno illustrato le attività di promozione degli archivi che vanno oltre la tutela e la salvaguardia e si estendono a nuove forme di comunicazione che rendono gli archivi più accessibili. L’allestimento multimediale del museo utilizza, infatti, immagini, suoni e video per narrare le storie d’archivio, valorizzando così l’enorme patrimonio di storie e di personaggi custodito nelle scritture degli antichi banchi pubblici napoletani.
Salvare la popolazione dagli usurai è un tema ricorrente durante il dibattito offerto dal workshop per spiegare la nascita di molti istituti finanziari, come ha chiarito Pascal Pénot, archivista presso Crédit Agricole, banca creata per soddisfare un’esigenza specifica: finanziare l’agricoltura e aiutare i coltivatori francesi, e aggiunge che gli archivi storici delle banche del Gruppo sono stati presi in considerazione solo di recente, quando, nel dicembre 2017, è stata creata la Fondazione Maison de Salins con sede a Salins-les-Bains, il cui scopo è quello di fornire un quadro di riferimento per la riflessione sul mutualismo, la storia e il futuro. Una delle sue missioni è anche quella di condividere risorse per la gestione e la digitalizzazione degli archivi storici delle banche regionali.
Anche Howard Jones (Institute of Commonwealth Studies, University of London), facendo riferimento ai registri di prestito di un usuraio rurale nell’India occidentale, ha esplorato cosa si intenda per “buoni” archivi e per “buone” istituzioni finanziarie. Il problema dell’usura solleva questioni relative all’inclusione finanziaria e dimostra che lo studio di fornitori di servizi finanziari illegali è storicamente importante e rilevante per il dibattito e la politica del settore finanziario attuale.
Qual è l’attenzione delle banche nei confronti dei propri archivi, spesso immensi contenitori di preziosi tesori di informazioni? La loro valorizzazione può certamente contribuire ad un migliore sviluppo della finanza etica e sociale ed è cresciuta sempre di più negli ultimi decenni.
María de Inclán e Elena Serrano, archiviste presso il Banco de España, hanno illustrato il progetto Archive Recovery for Spanish Financial Institutions, nato dalla preoccupazione per il potenziale pericolo di perdere gli archivi appartenenti ad istituzioni finanziarie. Il progetto parte dalla creazione di una mappa di tutti gli istituti creditizi spagnoli, fino alla pubblicazione di una “Guida degli archivi storici delle istituzioni finanziarie in Spagna”.
L’intervento di Silvia Lolli Gallowski, archivista presso Genossenschaftsverband Bayern, ha esaminato le banche cooperative bavaresi – Raiffeisenbanks – i cui fondatori hanno portato avanti obiettivi di business che non erano primariamente orientati al profitto, ma avevano uno scopo sociale e religioso che si espletava attraverso il tentativo di educare la popolazione, specialmente le giovani generazioni e le donne. L’Associazione storica delle cooperative bavaresi (Historischer Verein bayerischer Genossenschaften eV) ne cura il patrimonio archivistico dal 1995.
Valérie Mathevon, archivista presso gli Historical Archives of the European Union (HAEU) con sede a Firenze, ha parlato della Banca europea per gli investimenti (BEI), l’istituzione finanziaria senza scopo di lucro dell’Unione europea creata nel 1957 con il Trattato di Roma che istituì la CEE, per il finanziamento degli investimenti atti a sostenere gli obiettivi politici dell’Unione. Il 1° luglio 2005, la BEI ha firmato un contratto di deposito con l’Istituto universitario europeo, di cui fanno parte gli Archivi storici dell’Unione Europea (HAEU), incaricato di ricevere, conservare e garantire l’accesso pubblico agli archivi storici di tutte le istituzioni della Comunità europea dopo un periodo di 30 anni dalla data di produzione di ciascun documento o atto (Regolamento CEE, Euratom n. 354/83).
Lo scenario si estende a considerare gli archivi del Sudafrica con l’intervento di Mariusz Lukasiewicz, ricercatore all’Università di Lipsia, che ha esposto il panorama finanziario del XIX secolo del Sudafrica attraverso gli archivi della Borsa di Johannesburg (JSE), la Standard Bank e una serie di altri intermediari finanziari a Johannesburg e in Europa. Le serie degli archivi illustrano i collegamenti istituzionali e personali tra le borse di Kimberley, Londra, Parigi e Johannesburg.
Si passa poi a parlare di società di credito edilizio britanniche con Sara Kinsey, archivista della Nationwide Building Society e Karen Sampson, archivista presso Lloyds Banking Group Archives.
Sara Kinsey ha descritto in che modo gli archivi della più grande società del Regno Unito, con oltre 15 milioni di membri, sono stati utilizzati per supportare e migliorare il marchio Nationwide e per coinvolgere il personale attraverso campagne interne. L’istituzione finanziaria nata per risolvere i problemi legati ai mutui, soltanto nel 2016 ha deciso di assumere il suo primo archivista professionista per restituire la vita alla propria storia.
Karen Sampson ha illustrato come la Halifax Building Society, costituita come società di investimento e di prestito a vantaggio dei lavoratori locali, finanziò piani di edilizia popolare e come gli archivi della Lloyds Banking siano in grado di fornire le prove che dimostrano che il Gruppo ha sempre aiutato la Gran Bretagna a prosperare.
E ancora un altro interrogativo impegnativo: esistono nuovi metodi in cui gli archivi possono essere utilizzati dalle stesse istituzioni finanziarie nell’affrontare le sfide del presente e del futuro?
A tale quesito ha tentato di rispondere Jane Boyko, archivista della Bank of Canada, che parlando del piano a medio termine 2016-2018 dell’istituzione ha delineato tre temi importanti: reinventare il sistema bancario centrale, rinnovare i modi di fare impresa, rinforzare una cultura dell’innovazione e ha illustrato il ruolo fondamentale degli Archivi della Banca del Canada per la realizzazione di questo programma pluriennale. Negli ultimi anni, infatti, l’Archivio ha supportato diverse iniziative della Banca e ha fornito la documentazione delle passate crisi finanziarie per sostenere la ricerca nel futuro.
Al termine della giornata il Presidente della Fondazione 1563 Piero Gastaldo ha ripreso i temi del workshop sottolineando le connessioni tra radici storiche e attualità, tra prospettive locali e globali.
Seconda giornata: Social aims of finance
Durante la seconda giornata, aperta dai saluti di Francesco Profumo, presidente della Compagnia di San Paolo, e dall’introduzione di Rym Ayadi (CASS Business School), si è svolta la conferenza, che ha esplorato come le istituzioni finanziarie abbiano sviluppato obiettivi e forme di business diverse per servizi finanziari durevoli.
C’è dunque una storia alternativa che testimonia l’orientamento sociale dell’attività bancaria di molti enti finanziari che si è mantenuto nel tempo. In Europa sono state create diverse istituzioni con forme organizzative specifiche (cooperative, ad esempio) e obiettivi aziendali che vanno oltre il profitto. In Italia, diverse banche sono nate come istituzioni di ispirazione religiosa caratterizzate da scopi caritatevoli, alcune di origini medievali, altre nate nel XVI secolo per aiutare i poveri e gli ammalati, per fornire prestiti monetari equi o per educare le ragazze e proteggere le donne. Nel XIX secolo si sono diffuse le casse di risparmio e le banche cooperative, le casse rurali, con lo scopo di aiutare le classi più deboli anche attraverso l’educazione al risparmio.
Ancora oggi molti di questi istituti di credito mantengono un ruolo senza fini di lucro attraverso le loro fondazioni: in Italia per esempio la Compagnia di San Paolo e il Banco di Napoli; in Olanda, oltre alla cooperativa Rabo, le banche Triodos e ASN perseguono obiettivi sociali; anche alcune cooperative e casse di risparmio tedesche hanno apportato un contributo essenziale alla vita e alle attività delle piccole comunità.
Tra le forme di business alternative meritano un’indagine più approfondita anche la microfinanza e le compagnie di mutua assicurazione. Esiste inoltre un movimento molto recente di valute sociali alternative che mira a rafforzare le comunità locali nel contesto della globalizzazione, come ad esempio il Brixton Pound che è stato creato quando la gentrificazione ha iniziato a colpire le comunità del sud di Londra.
La prima sezione della conferenza è stata dedicata alla situazione italiana. Mauro Carboni e Massimo Fornasari (Università di Bologna) hanno ripercorso le risposte del sistema bancario italiano all’esigenza di un credito socialmente responsabile, dall’invenzione e diffusione dei monti di pietà tra il XV e il XVII secolo al grande sviluppo delle banche cooperative e delle casse di risparmio nei secoli XIX e XX, chiedendosi in conclusione se la privatizzazione del 1991 significhi, dopo seicento anni, la fine del modello della “banca sociale”. Lilia Costabile (Università di Napoli) nel suo intervento ha raccontato la storia, fatta di lunga esperienza e di successo finanziario, dei banchi pubblici napoletani e dei luoghi pii medievali da cui originano, fino alla nascita del Banco di Napoli per arrivare a un interrogativo fondamentale: in che modo le banche delle organizzazioni di beneficenza sono state in grado di raggiungere i loro molteplici obiettivi e quali fattori culturali, economici e istituzionali hanno permesso loro di combinare scopi economici e filantropici? Un case-study parallelo è stato indagato da Claudio Bermond (Università di Torino) e Fausto Piola Caselli (Università di Cassino) nell’evoluzione della Compagnia di San Paolo tra assistenza e credito, opera pia e banca, iniziativa privata e interesse pubblico, fino all’attualità dove le due istanze sono entrambe valorizzate.
Con l’intervento di Gianfranco Armando (Archivio Segreto Vaticano) si torna a parlare dei monti di pietà, le istituzioni finanziarie sorte su iniziativa di alcuni frati francescani nella seconda metà del XV secolo, segno di passaggio dal Medioevo alla modernità nelle città italiane, in cui gli ebrei detenevano quasi il monopolio del servizio creditizio, con un excursus sui più importanti frati osservanti che predicarono l’istituzione dei Monti, esiti di un lungo processo di elaborazione di modelli di sviluppo della società cristiana: ne furono istituiti 304 tra la seconda metà del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento per dare concretezza a un’idea di convivenza più giusta e rispettosa dei principi del cristianesimo.
Si passa ad estendere il quadro europeo con Paul Thomes (RWTH Aachen University) che ha trattato del successo delle casse di risparmio tedesche e delle successive cooperative di credito, dovuto a modelli di business inclusivi che hanno innescato sviluppi sociali ed economici di successo.
Klaus Weber (European University Viadrina) ha esaminato le numerose organizzazioni di beneficenza che i membri della nota famiglia Rothschild hanno creato nelle città in cui hanno fondato le banche: Francoforte, Vienna, Napoli, Londra e Parigi. Il modello Rothschild dell’imprenditoria sociale si fondava su istituzioni indipendenti dalle banche, in un approccio più ampio e più versatile alla filantropia, e strumento strategico per esercitare un’influenza sociale e culturale sulla propria clientela.
Maximilian Martin (Lombard Odier e University of St. Gallen) ha ripercorso la storia contemporanea dell’impact investing, riferendosi agli investimenti effettuati con l’intenzione di generare un impatto sociale e ambientale misurabile, unitamente a un rendimento finanziario, analizzando i diversi gruppi di investitori come le fondazioni filantropiche, investitori privati e istituzionali, istituzioni di servizi finanziari.
Valentino Cattelan (The Käte Hamburger Center for Advanced Study in the Humanities “Law as Culture” ) ritornando al rapporto tra religione e finanza, ha fatto un parallelismo tra fede e denaro, indagando sull’aspetto sociale della condivisione del rischio nella finanza islamica, vista sia come modello di gestione del credito, alternativo al capitalismo basato sugli interessi, sia come mezzo orientato alla comunità per gestire il rischio in forme di mutualità e cooperazione.
La tavola rotonda ha visto confrontarsi Rym Ayadi, Giovanni Ferri (LUMSA, Roma), Maximilian Martin e Marco Ratti (Banca Prossima) sul tema delle forme alternative di finanza.
Linda Perriton e Stuart Henderson (Dublin Institute of Technology) hanno presentato una ricerca sulla funzione delle casse di risparmio nell’Inghilterra del diciannovesimo secolo offrendo una nuova prospettiva sui risparmiatori dell’epoca e sul loro comportamento. Studiando i registri contabili della Cassa di Risparmio di Limehouse a Londra hanno indagato sulle specifiche funzioni economiche e sociali che le casse di risparmio hanno soddisfatto.
Restando in Gran Bretagna, si torna a parlare di società di credito edilizio con Olivier Butzbach (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli) che studiando i documenti d’archivio ha analizzato tali istituzioni dal punto di vista organizzativo e normativo, evidenziandone il ruolo di modello finanziario alternativo sostenibile, e come tale funzione sia stata drasticamente ridimensionata durante gli anni Novanta del XX secolo.
Chris Colvin (Queen’s University, Belfast) ha indagato invece sulle origini delle banche Reiffeisen di proprietà cooperativa che emersero per la prima volta nei Paesi Bassi alla fine del 1890 e si diffusero rapidamente in tutto il paese, sostenendo che se l’aspetto religioso, principio fondamentale della forma organizzativa di Raiffeisen, diede l’impulso necessario alla loro espansione, fu la forma cooperativa ad assicurare la successiva sopravvivenza e il successo di queste banche.
Tom Petersson (Uppsala University) ha illustrato l’evoluzione delle casse di risparmio svedesi negli ultimi 20-30 anni, concentrandosi sui processi di cambiamento riguardanti l’organizzazione, la proprietà, la corporate governance e i concetti di business. Per quasi 200 anni, dal 1820, le casse di risparmio sono state una parte essenziale del sistema bancario e finanziario svedese, contribuendo allo sviluppo dei mercati dei depositi e del credito locali e regionali. Durante gli anni Ottanta un’ondata di fusioni ha portato undici grandi banche di risparmio regionali a competere con le grandi banche commerciali. Dall’inizio degli anni Novanta queste undici banche di risparmio regionali si sono riorganizzate in un’unica società a responsabilità limitata, che nel 2006 è diventata nota come Swedbank, una banca che enfatizza fortemente le sue radici storiche, pur essendo ormai fortemente orientata al profitto.
Ángel Pascual Martínez Soto (Università della Murcia) ha parlato dell’evoluzione degli investimenti sociali e culturali delle casse di risparmio spagnole. Legate, nel corso del XIX secolo, ai Montes de Piedad svolgevano un ruolo fondamentale nell’evitare l’esclusione finanziaria delle classi popolari urbane durante la prima industrializzazione. L’analisi ha considerato gli aspetti legali e normativi, la quantificazione e la segmentazione degli investimenti in “lavoro sociale e culturale” (OBS – Obra Social), l’impatto sociale nel paese e altre considerazioni che hanno caratterizzato le casse di risparmio spagnole come istituzioni finanziarie speciali fino alla loro scomparsa nel 2008 a causa della crisi finanziaria.
Gian Savino Pene Vidari e Enrico Genta Ternavasio (Associazione Amici del Museo di Reale Mutua) hanno concluso l’ultima sessione del convegno. Partendo dagli aspetti sociali della storia dell’assicurazione e dell’assistenza reciproca in Italia, le cui origini risalgono al commercio in epoca medievale, sviluppandosi poi nell’età moderna con la nascita delle compagnie di assicurazione, hanno presentato la “Società Reale d’assicurazione generale e mutua contro gl’incendj”, la prima compagnia assicurativa del Regno di Sardegna, fondata nel 1828 dal re Carlo Felice, portando avanti l’assicurazione mutua, un sistema in cui ogni partner era impegnato a coprire le perdite degli altri. Oggi Reale Mutua Assicurazioni è la più importante compagnia di assicurazioni italiana in forma di mutua e il suo archivio storico è stato recentemente dichiarato di particolare interesse storico dalla Soprintendenza Archivistica per il Piemonte e la Valle d’Aosta. È stato anche creato un museo storico per promuovere e condividere il patrimonio culturale aziendale.
Harold James, docente di Storia all’Università di Princeton e presidente dell’Academic Council dell’eabh, ha chiuso il meeting interrogandosi sulla globalizzazione del panorama finanziario, ringraziando presenti ed intervenuti.
Il dibattito proposto dal convegno ha cercato di far luce sulle esperienze storiche e recenti delle istituzioni finanziarie, i cui obiettivi vanno oltre il profitto, per fornire modelli alternativi al contesto in evoluzione della finanza globale.
Arrivederci a San Pietroburgo nel 2019 con il prossimo convegno annuale dell’eabh.
Maria Stella Circosta