Cultura, arte, società al tempo di Juvarra
Ho avuto il piacere di leggere il “Quaderno” [Cultura, arte, società al tempo di Juvarra, a cura d G. Dardanello, Quaderni sull’Età e la Cultura del Barocco. Quaderni delle borse di alti studi e dei premi, Casa Editrice Leo S. Olschki, Firenze 2018] in bozze; il piacere si è accresciuto quando mi è giunta l’edizione in volume e ne ho ammirato l’aspetto di raffinata eleganza, la nitida impostazione grafica. Affascinante è stato scorrere le tavole illustrate, disposte con metodo e sapienza, che propongono precisi confronti, suggeriscono illuminanti accostamenti, delineano molteplici intrecci stilistici in forma quasi di racconto parlante. Ora mi propongo di rileggere il “Quaderno” seguendo non l’ordine delle pagine ma un percorso trasversale che metta in vista i possibili punti d’incontro tra saggi di argomenti diversi.
Per iniziarlo credo che la parola chiave sia ‘spettacolo ‘: lo spettacolo della magnificenza si dispiega nei progetti di mobili e arredi studiati da Sara Martinetti; uno spettacolo cerimoniale potevano offrirlo gli scaloni dei palazzi, luoghi da visitare guidati da Roberto Caterino. Gli spettacoli sono al centro dello studio di Nicola Badolato, Juvarra e il rinnovamento del gusto teatrale e operistico a Roma nel primo Settecento. Qui si incontra un’altra parola: ‘rinnovamento’ che presuppone una dinamica temporale, un ‘prima’ e un ‘dopo’, un ‘come’ e un ‘perché’. Quanto al tempo, momento iniziale è la costruzione del teatro privato del cardinale Ottoboni nel palazzo della Cancelleria in cui si svolgeranno le successive stagioni d’opere in musica. Il ‘perché’ va cercato nella adesione all’idea concettuale dell’unità e pari dignità delle arti; il ‘come’ nell’accresciuta sensibilità che stimola il variare degli effetti ed affetti rappresentati. Di conseguenza il teatro operistico non è più soltanto la somma di tre parti distinte – un libretto, uno spartito, uno scenario – ma il loro concorrere all’espressione di un programma significativo; idea tanto anticipatrice da essere ancora oggi attuale. Il ‘rinnovamento’ fu favorito da molte circostanze: l’irradiazione ideologica della accademia d’Arcadia; l’intervento di un gruppo elitario di promotori, in primo luogo il cardinale Ottoboni e al seguito suo padre, Antonio; la regina di Polonia; il cardinale Albani e altri illustri patroni. Si aggiunga la presenza di compositori di grido, alcuni tuttora celebri come Alessandro e Domenico Scarlatti, altri meno noti ma eccellenti, Caldara, Gasparini, Pollaroli.
Uno solo fu invece l’architetto teatrale e inventore delle scene: Filippo Juvarra, unico al punto da farci riflettere sul suo effettivo ruolo, se di geniale interprete di trame drammatiche o non piuttosto di inventore di una funzione del teatro operistico come mondo parallelo in cui le architetture fittizie prefiguravano le costruzioni reali, i panorami immaginari evocavano specifici stati d’animo. Di certo, anche dopo il termine degli spettacoli alla Cancelleria, le invenzioni di Juvarra continuarono ad ispirare gli scenografi che peraltro le potevano conoscere soltanto dalle incisioni nei libretti del teatro Ottoboni. Oggi invece, grazie ai disegni, possiamo seguirle dai primi ‘pensieri’ alle successive elaborazioni, alle ricerche di soluzioni alternative, alle scelte finali.
Prova convincente delle straordinarie possibilità offerte da questo prezioso materiale disegnativo è la pubblicazione dello spartito di Alessandro Scarlatti per il Ciro a cura di Nicola Badolato che ha premesso a ciascuna mutazione di scena le immagini dei disegni e delle incisioni di Juvarra. Sfogliarne le pagine è come entrare in una macchina del tempo e riappropriarsi di uno spettacolo remoto ma non perduto. Ritroviamo qui la parola ‘spettacolo’, che in unione a ‘disegni’ ci introduce al fondamentale saggio di Giuseppe Dardanello: Libri di disegni e pensieri. Prospettive per il Corpus Juvarrianum.
Se si seguono in questo scritto la nascita degli studi juvarriani nel Novecento, poi via via il crescente numero di pubblicazioni antecedenti al progetto del Corpus tracciato nel 1971 da Vittorio Viale e Rudolph Wittkover, quindi le notizie dei volumi del Corpus finora usciti si ha l’impressione di una grande quantità di lavoro già svolto e di molte conoscenze già acquisite. Ma se si continua a leggere e si scorre l’elenco ragionato di quanto resta da fare ci si accorge che i disegni di Juvarra sono un universo ancora per molta parte inesplorato. Resta da pubblicare integralmente e criticamente l’album segnato Ris59.4 della Biblioteca Nazionale di Torino che fu radunato e ordinato proprio da Juvarra ed è dunque una testimonianza autentica – ma ancora da decifrare – dei suoi intenti, dei suoi progetti e forse perfino del suo animo. Resta da pubblicare anche l’album Ris59.1 che documenta l’attività di Juvarra architetto e studioso di teatri, in stretta connessione storica con i Pensieri e apparenze di scene per Ottoboni e la sua cerchia conservati nel Victoria and Albert Museum e ancora non entrati nel Corpus. La vastità degli interessi artistici e intellettuali di Juvarra si riconosce nella varietà dei temi a cui si accosta in altri volumi: dalla didattica della Galleria Architettonica alla raccolta manualistica delle Targhe, alle visioni dell’antichità rivisitata con lo studio e rianimata dalla fantasia nelle Prospettive ideali per Lord Burlington e Augusto II di Sassonia; senza dimenticare i disegni pochissimo noti dei Geroglifici sopra l’iconografia del Ripa che partendo dalla ricerca di temi utili per la decorazione architettonica la estende fino ad elaborare un mondo di simboli e figure di cui non è stata ancora tentata una interpretazione significativa. Il Corpus può permetterci (cito Dardanello) di ‘tornare a entrare sulla punta dei piedi e con tutta la delicatezza del caso nel laboratorio del pensiero di Juvarra’.
Mercedes Viale Ferrero
[intervento al Salone per il libro di Torino, 14 maggio 2018]
Mercedes Viale Ferrero (Torino, 1924), storica dell’arte, ha curato mostre e pubblicato studi su teatro musicale e scenografia dall’età Barocca al Novecento. Sull’architetto di corte messinese ha pubblicato il volume Filippo Juvarra scenografo e architetto teatrale (Edizioni d’Arte Fratelli Pozzo, 1970).