Filantropia e Credito

La recensione della SISE

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Filantropia e Credito

2021-07-02T10:54:21+00:00 2 luglio 2021|

Claudio Bermond, Fausto Piola Caselli, Filantropia e credito. Atlante dei documenti contabili dalla Compagnia di San Paolo all’Istituto bancario San Paolo di Torino (secoli XVI–XX), Leo S. Olschki, Firenze 2020, pp. XXI-280

da Newsletter SISE, n. 78, marzo 2021

La Compagnia di San Paolo nacque nel 1563 a Torino, appena eletta da Emanuele Filiberto capitale del suo Ducato, come confraternita laica di ispirazione religiosa, su iniziati va di sette fedeli che erano spinti da un sincero anelito spirituale, ma anche dal desiderio di tradurlo in concrete opere caritative. Queste vennero via via realizzate con la tutela dei poveri vergognosi, delle giovani bisognose, di chi necessitava di piccole somme di denaro per affrontare le incombenze della vita, in una prospettiva di difesa del cattolicesimo tridentino dalla penetrazione del protestantesimo. Il numero dei confratelli crebbe nel tempo e l’istituzione si rafforzò, ricevendo in dono ed amministrando accuratamente numerose eredità provenienti dalla migliore aristocrazia piemontese. Le opere di carità si irrobustirono e, tra queste, assunse un certo rilievo il Monte di pietà gratuito. La Compagnia svolse in età moderna un ruolo rilevante anche a sostegno delle finanze pubbliche, sia dello stato sia della città di Torino.

A metà Ottocento, con l’avvento del liberalismo e della libertà di culto, la Compagnia fu statalizzata e perse quell’importante ruolo caritativo e finanziario che aveva svolto nei secoli precedenti. Il suo nuovo gruppo dirigente, tutto di nomina pubblica, disegnò un nuovo compito per l’istituzione, puntando sull’esercizio di una moderna e rigorosa attività bancaria fondata sul Monte di pietà e sul Credito fondiario. Il Monte, che dal 1805 aveva assunto una fisionomia di ente di depositi e prestiti sul modello del Mont-de-Piété parigino, ampliò sempre più queste nuove funzioni bancarie, assumendo le caratteristiche di una vera e propria cassa di risparmio. Il riconoscimento ufficiale di questo suo nuovo profilo avvenne solo nel 1932, quando il governo la elesse a “istituto di credito di diritto pubblico”, permettendole di assumere la nuova denominazione di Istituto di San Paolo di Torino. Credito e beneficenza, a significare che l’attività bancaria era diventata più importante di quella filantropica.

Da quel momento, l’Istituto crebbe sempre più con una spiccata vocazione creditizia, per giungere all’anno 1992 quando, in applicazione della legge Amato-Carli, fu scorporato in fondazione bancaria, che assunse l’antico nome di Compagnia di San Paolo, e in banca vera e propria, che mantenne il nome precedente di Istituto Bancario San Paolo di Torino s.p.a. Quest’ultimo, dopo aver assorbito tra il 1995 e il 2001 alcune importanti banche (Banca nazionale delle Comunicazioni, Banco di Napoli, Cardine, Carifirenze) e attuato un processo di fusione con Imi, il primo gennaio 2007 si fuse nuovamente con Banca Intesa, dando origine al gruppo creditizio Intesa San Paolo s.p.a., ad oggi il maggiore del paese.

Il volume Filantropia e credito è stato redatto selezionando dapprima 103 documenti significativi dal punto di vista contabile ed economico ospitati nell’Archivio storico della Compagnia di San Paolo di Torino, procedendo poi alla loro descrizione analitica in un’ottica archivistica ed amministrativa, per pervenire infine ad una rivisitazione della storia istituzionale dell’ente torinese fondata in gran parte sui suoi sistemi contabili e finanziari che, nel corso del tempo, hanno permesso alla Compagnia di tenere sotto controllo i propri conti e di darne un’opportuna comunicazione alla società civile in attuazione delle leggi via via vigenti.

Nei secoli XVI e XVII, le entrate e le uscite della Compagnia erano presentate ai confratelli in modo episodico, senza darne conto al mondo esterno. Solo con gli inizi del Settecento l’istituzione si dotò di un sistema contabile a partita semplice, che permetteva al tesoriere di predisporre a fine anno un prospetto delle entrate e delle uscite di cassa complessive, chiamato il Conto reso dal Tesoriere. Con il passare degli anni e con l’aumento del numero delle eredità e dei lasciti conferiti alla Compagnia, tra cui alcuni di grande rilievo, come le eredità Scarnafigi e Cavour, costituite da immobili, censi e luoghi di monte, si pose il problema di seguire con cura gli andamenti degli elementi patrimoniali. Così, a partire dal 1727, fu redatto lo Stato dei redditi di ciascuna delle opere, che forniva a livello preventivo tutte le informazioni sui cespiti posseduti, sulla loro gestione nel corso dell’anno a venire e sulle rendite da essi generati. Qualche anno più tardi, fu istituito il conto della Cassa dei capitali per registrare i proventi derivanti dalla vendita di cespiti che erano stati smobilizzati e che erano in attesa di un nuovo investimento più redditizio del precedente.

In età moderna, il patrimonio della Compagnia non cresceva per effetto degli utili prodotti e accumulati, ma per l’incremento nel tempo delle eredità e lasciti acquisiti, frutto della generosità dei benefattori. Gli utili eventualmente realizzati venivano destinati alla beneficenza nell’anno di formazione. La contabilità era tenuta tutta a partita semplice, ad eccezione forse dei movimenti di cassa relativi alla gestione dei prestiti pignoratizi effettuati dal Monte di pietà gratuito e dei relativi incassi, che erano registrati in partita doppia sui libri mastri, che purtroppo non ci sono pervenuti.

Un momento rilevante di rottura nella tenuta della contabilità si ebbe con l’apertura nel capoluogo piemontese, da parte dei francesi, del Monte di pietà ad interessi, modellato su quello parigino. In ossequio alle disposizioni del Code de Commerce, si introdussero alcuni libri obbligatori, quali il Libro giornale, il Libro degli inventari e la Raccolta ordinata delle lettere commerciali, proseguendo inoltre nell’utilizzo del Libro mastro. Il giornale e il mastro erano tenuti a partita doppia, applicando quindi pienamente questo metodo contabile nella gestione del Monte. Questi assunse i caratteri di una banca capitalistica, ricevendo depositi ed erogando prestiti contro interessi e accumulando in parte gli utili di esercizio realizzati, al fine di costituirsi un patrimonio proprio destinato alla copertura delle perdite e allo sviluppo aziendale.

Questa impostazione di natura liberista avrebbe contagiato – passati gli anni della Restaurazione e del Risorgimento – tutto l’impianto contabile della Compagnia, che dal 1873 adottò in modo generalizzato il metodo della partita doppia, per far dialogare a pieno titolo tutte le sue opere.

Dopo la statalizzazione dell’istituzione torinese, avvenuta nel 1853 per iniziativa del primo governo Cavour, il Monte di pietà e, dal 1866, il Credito fondiario puntarono ad aumentare il processo di accumulazione, pur continuando ad operare secondo criteri rigidamente prudenziali.

In seguito alla sempre più accentuata specializzazione bancaria, il Monte fu riconosciuto nel 1925 di prima categoria e, nel 1932, il San Paolo fu trasformato in istituto di credito di diritto pubblico. L’ingresso nel nuovo ambito comportò per l’istituto torinese, pur trattandosi di un ente pubblico, l’adesione alla normativa giuridica, amministrativa e contabile prescritta per le società anonime dal Codice di Commercio del 1882 e ribadita dalla legge bancaria del 1926. Per quanto riguardava le opere caritative, che erano state accorpate in due soli enti, l’Ufficio pio e l’Educatorio Duchessa Isabella, si adeguarono via via alle normative che vennero emanate in tema di opere pie, continuando a redigere annualmente un bilancio preventivo e uno consuntivo e compilando un registro degli inventari dei beni patrimoniali, passando da una mera contabilità di cassa ad una più complessa legata al rilievo dei componenti positivi e negativi di reddito (CB, FPC).

[“SISE Newsletter”, 78, marzo 2021]

La Società Italiana degli Storici Economici (SISE) si è costituita nel 1984 con lo scopo di stabilire un luogo istituzionale nel quale la comunità degli storici italiani dell’economia potesse ritrovarsi e discutere temi e problemi della disciplina oltre che partecipare, come comunità italiana, alla rete delle diverse organizzazioni nazionali da più tempo costituite. La Società pubblica una Newsletter quadrimestrale.