L’inventario dei beni espropriati ai «cittadini italiani di razza ebraica» in Piemonte e Liguria
Lo sguardo di un’artista sul Fondo EGELI dell’Istituto San Paolo di Torino
Lo sguardo di un’artista sul Fondo EGELI dell’Istituto San Paolo di Torino
Quasi ottant’anni fa, i provvedimenti per la difesa della razza italiana trovarono attuazione nel 1939 con la costituzione dell’Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare (EGELI), incaricato di acquisire, gestire e rivendere i beni eccedenti la quota di proprietà consentita ai «cittadini italiani di razza ebraica».
All’Archivio storico della Compagnia di San Paolo si deve la cura dell’inventario del Fondo EGELI dell’Istituto di San Paolo di Torino che nell’immediato dopoguerra fu incaricato di gestire i beni sequestrati in Piemonte e Valle d’Aosta. Il nucleo principale è costituito da circa 6.300 fascicoli per 115 metri lineari tra pratiche di sequestro di appartamenti di città, ville della Riviera e terreni alpini, elenchi di arredi e oggetti della vita quotidiana.
Recentemente, l’artista austriaca Lara Verena Bellenghi ha visitato la sede della Fondazione 1563 per consultare carte e documenti del Fondo EGELI dell’Istituto di San Paolo di Torino. Le abbiamo chiesto di raccontare le emozioni legate alla sua prima visita presso la fondazione e alla sua ricerca sulle carte del fondo.
Mi chiamo Lara Verena Bellenghi, ho 26 anni e sono un’artista viennese. La mia ricerca artistica ha come punti di riferimento alcuni temi legati a esperienze collettive e alla memoria. Sono termini pesanti carichi di associazioni.
Per me la memoria non esiste soltanto in occasione di date celebrative e ricorrenze. Cerco, attraverso l’illuminazione di piccole storie, di riflettere contesti più grandi, eventi, incontri, circostanze meritevoli di ricordo. L’unico modo attraverso il quale sento di poter rappresentare queste esperienze individuali e nello stesso tempo collettive è quello di usare un linguaggio espressivo astratto. Attualmente, questo si compone di polveri e materiale superficiale: raccolgo con rullini adesivi le particelle che si trovano in luoghi o su oggetti che sono stati testimoni di avvenimenti storici importanti, come il Mausoleo delle Fosse Ardeatine, la sinagoga, la moschea e piazza San Pietro (Roma), il Bataclan (Parigi), la casa natale di Stefan Zweig (Vienna).
Madrelingua tedesca, cresciuta in Olanda e a Vienna dai nonni e da bambinaie ceche, il mio approccio alla storia europea del XX secolo aveva rimosso il punto di vista italiano. Le esperienze che ho maturato nei vari Paesi in cui ho vissuto e le lingue che parlo mi hanno condotta ad elaborare alcune riflessioni e conclusioni.
Credo che l’Italia, che negli ultimi due anni ho conosciuto un po’ meglio, abbia un modo di affrontare la storia europea privo – almeno in parte – di tentativi di omissioni e manipolazioni. Sento già le obiezioni di qualche italiano critico; mi è stato detto che gli italiani hanno tanti “fascismi nascosti”. Cerco di non giudicare, e di essere obiettiva qui come a Vienna, dove vivo: Vienna, che oltre ad essere la città imperiale ed elegante che tutti conoscono, si è fatta un nome anche come luogo di negazione della propria storia. Sarà normale, dicono in molti, voler dimenticare gli errori per proseguire con la vita in pace.
La questione della pace è stata per me un tema ricorrente durante e dopo la visita all’Archivio storico della Compagnia di San Paolo presso la Fondazione 1563. In questa occasione, sono rimasta piacevolmente colpita dalla sensazione di accoglienza e dagli atteggiamenti di disponibilità e curiosità nei confronti della mia ricerca. Mi sono sentita nella condizione di esprimermi e pensare liberamente. È stata una sensazione nuova, a cui in luoghi del genere, negli ambienti ovattati dei grandi archivi, non ero abituata.
L’idea della visita all’Archivio Storico della Compagnia di San Paolo presso la sede della Fondazione 1563 rispondeva al desiderio di accedere al Fondo EGELI. Il mio obiettivo era quello di scoprire quali famiglie torinesi fossero state vittime di saccheggi e sequestri negli anni del regime fascista, dalla promulgazione delle leggi razziali. Ritengo che Vienna si sia praticamente “suicidata culturalmente” attraverso le leggi razziali, ed ero interessata a scoprire quanto l’applicazione delle leggi razziali e le sue conseguenze fossero percepite come un “danno alla cultura” di altri luoghi. Conoscevo le storie degli scrittori torinesi Primo Levi e Natalia Ginzburg, ma ciò non è bastato a ridurre l’impatto emotivo suscitato dal contatto con i fogli sui quali sono elencati i beni sequestrati a ebrei piemontesi e liguri. Tenere, in mano un elenco fisico di cose che sono diventate simboliche per la perdita mi sembra tutt’ora un’assurdità che per forza richiede attenzione.
Il timore provato prima della visita, di non trovare comprensione per gli obiettivi delle mie ricerche, si è rivelato infondato. Il tempo trascorso alla Fondazione 1563 mi hanno fatto comprendere quanto la riflessione sulla storia e l’impegno a conservare la memoria siano esigenze condivise. Penso che l’accoglienza e la sensibilità per il “ricordo collettivo” che ho trovato presso la Fondazione 1563 siano esempi da seguire.
Lara Verena Bellenghi (Vienna, 1991), artista, si è diplomata presso la Ruskin School of Art della Oxford University, e laureata presso la Courtauld Institute of Art della University of London. La sua ricerca artistica ha come punti di riferimento temi legati a esperienze collettive e alla memoria.